Lungolago Mezza luna spaccata, stanotte sul lago. Stelle a sciame, a cascata, a ispirare le luci che fanno loro il verso dalle sponde. Viene da pensare a un ultimo paradiso mentre, sotto la chiglia, fruscia un lago malato e la gente, sulla riva, non so se dorme o è in agonia. Qui, in solitudine d’acqua, ci si sente lago, cielo, luna, stelle. L’attracco, tuttavia, è nell’umana natura, così finisco con l’ormeggiare là dove il lungolago è un fiume in piena di gente, gelati, “sms”. Uno spumoso flusso fra argini di latta in disco orario. Non si direbbe che dorma questa folla, resta la seconda ipotesi: l’agonia. L’umanità, infatti, è uno strano malato, sempre in prognosi riservata, ma che non muore mai. Penso a quando attraccavo qui, ad incontrare Delia che, alla prognosi generale, aggiungeva quella di zoccola. Donna scultorea e sagace, sapeva che il mascolino senso del bello cede ad occhi, culo e labbra, nell’ordine, piuttosto che agli elementi più nobili, nell’abituale disordine. Preda della proverbiale crisi da noia coniugale, Delia cercava consolazione nella mite compagnia animale: dal gatto, al pappagallo, al cagnolino. Fatalmente, con l’evoluzione della specie, era poi approdata all’uomo: uno via l’altro. Quale posizione occupassi, nella sua [...]
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