Scrittore e tombeur È mezzo sordo: non distingue la provenienza dei suoni e becca bene soltanto le parole che fischiano. Per buona ventura, la sua anagrafe fischia come una locomotiva per cui basta bisbigliare Fazzini o sospirare Tazio perché si volga prontamente… sia pure dalla parte sbagliata. È stato lui, l’edicolante Tazio, a cambiarmi la vita riferendomi dell’affascinante signora che comprava il quotidiano della provincia soltanto il giovedì, il giorno con la mia rubrica di racconti in ultima pagina. Non ricordo per quale ragione iniziai a scrivere, forse fu la rivalsa a una serie di fregature. Come il metro e sessantatre di statura… scarpe comprese. O il generoso riporto che mi obbliga al cappello nei giorni di vento. O quel mio occhio più piccolo dell’altro e di colore diverso. In compenso, dicono tutti che scrivo da dio e, stando alle biografie dei grandi autori, si direbbe che questo requisito basti per cuccare facile e comunque. Discretamente noto fra le puttane del circondario, posso concordare sul “comunque”. Non sul “facile” perché chiedono almeno cinquanta euro. Tuttavia, il mio destino di scrittore tombeur stava per agguantarmi e ne respiravo la promessa nella fragranza di quella primavera. Il giovedì successivo alla rivelazione di Tazio, [...]
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