Il fotografo ambulante I suoi genitori erano una coppia di invalidi come ce ne sono tanti: senza culo lei, senza humour lui. Poi c’era il nonno, decorativo e inutile come un caminetto spento. Tutti e tre avevano cominciato a fregarlo appena nato, secondo prassi. Cercava la mammella e gli ficcavano in bocca un succhiotto di gomma. Lui reclamava perché era piccolo, non scemo e, per zittirlo, gli intingevano il ciuccio nello zucchero innescandogli la carie prima ancora dei denti. Quella del culo, non è mutilazione banale per una donna. Le vivaci occhiate sul sedere si “sentono” e funzionano da ricostituente intramuscolare senza il quale si tende a inacidire. La mutilazione dell’humour, invece, è molto peggio. Immerso in tale soluzione acida, un figlio dallo spirito libero scappa di casa prima dei quindici anni. Invece, fedele alla serenità del suo nome, Clemente poté realizzarsi senza abbandonare il vecchio tetto. Gli bastò ereditare dallo zio Pasquale, buonanima, una eccellente Rolleiflex che, all’epoca, raffigurava l’oggetto del desiderio di molti giovani. Sino agli anni cinquanta, le sagre, le fiere e i mercati erano frequentati da una nuova categoria di artisti di strada: i fotografi ambulanti. Quale espediente per sedurre i clienti, usavano… i sogni: i giovanotti [...]
L'articolo L’angolo di Full: “Il fotografo ambulante” sembra essere il primo su ilmiogiornale.